Trattamento psicoanalitico della psicosi: due esperienze cliniche

Organizzato dal Laboratorio Psicoanalitico “Vicolo Cicala” di Messina si è svolto in data 12 maggio 2018 interessante incontro con il Dott. Riccardo Lombardi, psichiatra e psicoanalista con funzioni di training della Società Psicoanalitica Italiana. Alla presenza di una buona partecipazione di pubblico, formato anche da studenti e specializzandi, il Dr Lombardi ha esordito considerando che gli ultimi decenni hanno visto affermarsi un progressivo allargarsi dell’area di competenza della psicoanalisi ai pazienti difficili, inclusi quelli con chiara sintomatologia psicotica. Poi ha specificato che il trattamento di questi casi difficili costituisce una vera e propria sfida a sopravvivere psichicamente per l’analista, sollecita sentimenti potenti come odio, confusione, disorientamento, ed evoca facilmente sconforto e sfiducia per uno sviluppo positivo: nel complesso una costellazione di situazioni controtransferali molto difficile da gestire. Non è così raro che, già molto presto nella carriera, gli analisti giovani si trovino ad accogliere casi molto difficili. Il campo della psicosi e delle forme schizofreniche è molto vasto per cui, accanto a casi deteriorati ed intrattabili, esistono casi di natura meno estrema, soprattutto pazienti giovani che hanno avuto un esordio psicotico durante l’adolescenza e che rischiano un inevitabile declino verso la cronicità, se non vengono trattati precocemente con la psicoanalisi. Chiaramente, nella maggior parte dei casi si rende necessario un intervento integrato tra trattamento psicoanalitico e trattamento farmacologico. L’esperienza mostra che un’evoluzione analitica positiva possa portare ad una diminuzione o ad una totale sospensione del trattamento farmacologico a seconda dei casi: non va dimenticato che esistono fattori costituzionali che possono condizionare la necessità di continuare ad usare farmaci, senza che questo debba essere equivocato come espressione di una resistenza o di un fallimento psicoanalitico. Nel complesso la sovrapposizione di psicoanalisi e farmacologia non indebolisce la centralità del contributo psicoanalitico per la risoluzione dei sintomi, per la crescita della personalità e l’integrazione di questi pazienti, né tantomeno la specificità che ha il trattamento psicoanalitico in questi casi. Nell’esperienza clinica con i pazienti gravi è necessaria esercitare una capacità negativa ed una astensione da memoria e desiderio (Bion 1970) coniugata ad una flessibilità dell’analista ad adattarsi alle specifiche comunicazioni dell’analizzando, in modo da favorire il più possibile la continuità di un dialogo verbale che possa promuovere il funzionamento mentale e la funzione discriminativa nell’analizzando (Robbins 1996, Matte Blanco 1978). Nel complesso, l’approccio psicoanalitico alla psicosi prevede differenze sostanziali rispetto al trattamento dei nevrotici: una questione riassumibile nella considerazione della fragilità dell’Io di questi pazienti. Dal momento che oggi siamo consapevoli che l’area psicotica (Bion 1959) caratterizza in una qualche misura il funzionamento profondo di tutti i pazienti, anche quelli nevrotici, acquisire una competenza nella psicoanalisi della psicosi può svolgere un importante ruolo formativo nell’ambito dei livelli profondi che si possono riscontrare in tutti gli analizzandi, incoraggiando in modo determinante un orientamento dell’analista praticante verso la ricerca clinica.
A seguire hanno presentato i due casi clinici la Dott.ssa Sandra Isgrò, psichiatra e psicoanalista ordinario della Società Psicoanalitica Italiana e il Dr Benedetto Genovesi, psichiatra e psicoanalista associato della Società Psicoanalitica Italiana.
Per concludere il Dr Lombardi ha ribadito il tema dell’allargamento dello scopo dell’analisi, anche in relazione al training psicoanalitico. Ha fatto notare che nel corso del trattamento psicoanalitico dei due pazienti psicotici sono state raccolte osservazioni sul trattamento, verificando la scomparsa dei sintomi psicotici ed un importante reinserimento dei pazienti nella vita sociale e lavorativa. Il setting di queste analisi è stato gestito con parametri regolari, difendendo la continuità dell’impegno a frequentare le sedute e proteggendo l’analisi come campo di confronto ed esperienza. Il bilancio complessivo di questi due casi permette di vedere come pazienti connotati da evidenti sintomi psicotici siano gradualmente evoluti sino ad una guarigione clinica, grazie al trattamento psicoanalitico. L’attivazione della funzione onirica dei pazienti ha testimoniato i progressi nella crescita mentale, mostrandosi utile anche per monitorare l’evoluzione dei casi. Alcune forme più gravi di psicosi sarebbero state, probabilmente, molto più avare di sogni e di elementi psicoanalitici comunicabili nel corso dei primi anni di trattamento (cfr per esempio Lombardi 2003, 2009), ma il riscontro positivo di questi casi sembra nel complesso incoraggiante. Il dr Lombardi ha concluso augurandosi che l’interesse per il trattamento psicoanalitico della psicosi possa crescere nel tempo, arricchendo la competenza clinica delle nuove generazioni di psicoanalisti e che questo incontro possa servire a sensibilizzare la nostra comunità scientifica in questa direzione. Naturalmente la discussione ha attivato un fertile dibattito tra i presenti.

Benedetto Genovesi