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Fine della libertà?

 

Rossella Valdrè

Ci eravamo abituati ad un sogno: l’informazione, con internet, era finalmente diventata libera,democraticapatrimonio di tutti. Wikipedia ha rappresentato, e rappresenta, uno degli esempi meglio riusciti del connubio libertà-democraticità-cultura, che non sempre vanno armoniosamente insieme, e che invece nella mastodontica, trasversale e si può dire planetaria esperienza di Wiki (così la battezzano glihabitués), si è felicemente realizzato. Il sapere, la conoscenza (che rappresenta il vero potere, e gli attacchi che sta subendo ce lo confermano una volta di più) usciva, per la prima volta nella storia dell’umanità, dal privilegio delle Accademie, dall’accesso riservato ai cultori delle materie, dalla necessità di recarsi in un luogo fisico (biblioteche, scuole..), dalle aristocrazie universitarie e, pur senza nulla togliere a tutto questo, diventava non solo accessibile e dunque patrimonio di tutti, ma addiritturarealizzato dagli utenti stessi, dagli stessi lettori. Chi usufruisce della conoscenza può essere lo stesso – uomo o donna, giovane o vecchio, di qualunque etnia e angolo del mondo – che la produce, senza dover necessariamente attingere al sapere dell’altro, dall’esterno. Un sapere autocostruito, capillarmente diffuso da voci anonime, gratuito, assolutamento libero e qualificato.
Una vera rivoluzione, che forse abbiamo data un pò per scontata. Cerco qualcosa, devo rapidamente documentarmi su un testo, un film, un autore, qualunque aspetto dello scibile, e tac! in un attimo dalla mia scrivania (e oggi dai vari iphone e cellulari), nelle maglie che la mia giornata mi lascia libere, vado su Wiki e trovo quanto cercavo. Senza pagare nulla, senza perdere tempo per spostarmi nè dover fare faticose anticamere in polverosi uffici. Un miracolo.
Sembra che da oggi, 5 Ottobre 2011, potrebbe non essere più così. Non era scontato; niente lo è mai…. Le informazioni di cui dispongo, scrivendo ‘a caldo’ per stare sulla notizia, sono ancora incomplete, ma sembra che il DDL cosiddetto “intercettazioni” oggi approvato alla Camera e fortemente voluto, come sappiamo, dalla maggioranza di governo (con l’eccezione di qualche deputato, come la Buongiono, che infatti si è dimessa) contenga un comma, il 29, che impone una serie di strettoie e regole assurde che vincolano fortemente, fino a rischiare di oscurare, la libertà dei siti web, dei giornali on line, dei periodici e quant’altro di informativo-cultuale diffuso per via telematica (che è peraltro oggi la fonte maggiore, a volte l’unica, di informazione). . Così si legge nell’appello che la redazione di Wiki ha oggi stesso diffuso e reso noto.
Non voglio certo qui entrare in questioni politiche, nè polemizzare, ma sappiamo quanto l’attuale Governo abbia monopolizzato ed incentrato l’attenzione, fino a toni quasi parssistici, su un tema che credevamo, forse ingenuamente, riservato ai piccanti privé dei politici, ai tristi bunga-bunga, alle raccomandazioni di rito e ai più gravi casi giudiziari, certo, ma non pensavamo che gli effetti a cascata di tali provvedimenti, una volta approvati, non si limitano a spiare dal buco della serratura, come qualcuno sostiene, i cosiddetti comportamenti privati, ma diventano oscurantismo per tutti, imbavagliano e impediscono il quotidiano accesso, ormai irrinunciabile, al mondo della rete.
La questione, quindi, ci riguarda. Ci riguarda direttamente: non è più un affare degli altri, dei potenti o dei disonesti. Ci riguarda come cittadini, in primis, e nel nostro specifico, visto che siamo proprio su una pagina web di un centro della Società di Psicoanalisi, ci riguarda come psicoanalisti.
Neutralità, libertà e verificabilità, i principi che vediamo citati, nell’appello, come le gambe di Wiki, sono gli stessi del pensiero psicoanalitico: esso è totalmente incompatibile con ogni forma di qualsivoglia regime, restrizione, oscuramento o limitazione della libertà. La Storia, in passato, ce lo ha più volte dimostrato. Se la cosa ci riguarda, ci pare dunque essenziale parlarne e prendere posizione: una posizione contro, scomoda, come quella della Buongiorno che si è alzata e ha lasciato l’aula. Dire no, questa volta non ci sto. Il cambio di paradigma, per dirla con Khun, che internet ha rappresentato nel modificare l’accesso all’informazione, è avvenuto irreversibilmente; sarebbe antistorico, oltre che anticostuzionale (forse) e antidemocratico (certo) mettere il bavaglio al progresso e tornare indietro.
Il “borghese digitale” ¹, soggetto nuovo alla scena del postmoderno come lo fu la borghesia nella Rivoluzione francese, nato con la rete, non è una soggettività che possa scomparire, o uscire di scena, o rimesso ai ranghi di un’nfomazione carbonara o, peggio, ancora una volta antidemocratica. Non si cada nella trappola della cosiddetta privacy, a nostro avviso: essa resta garantita senza dover toccare la libertà d’informazione, e nessuno nega che questo diritto sia importante, ma un conto è la privacy, un conto è l’oscurantismo. Nell’84 uscì un libro, che ricordo fece allora molto scalpore, dal titolo “Assalto alla verità (Assault on the thruth)”, dello storico Masson; senza entrare nei contenuti, è stato il titolo a balzarmi subito alla mente non appena, su invito di Donatella Lisciotto, ho messo le dita sulla tastiera. Stiamo assistendo ad un ennesimo, postmoderno, ma pericoloso degrado verso un assalto alla verità?

Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che ‘vivere vuol dire essere partigiani’. Non possono esistere i solamente ‘uomin’i, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.(….) L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E’ La fatalità; (….) è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza”

(A. Gramsci, 1917)


¹Bollorino F., Rubini A.: Ascesa e caduta del terzo stato digitale, Apogeo, Mlano, 1999