REDAZIONE PSICOANALITICA (23 ottobre 2020)

 

Il posto della semplicità nella contemporaneità.

Durante l’incontro di Redazione psicoanalitica si è discusso con la Dottoressa Lisciotto circa l’importanza di andare alla ricerca della semplicità nel mondo che ci circonda, nel modo di pensare, in tutto ciò che ha a che fare con la nostra vita. Ci si è soffermati sulla dimensione sociale e politica del lavoro dello psicologo a cui spetta anche il compito di recuperare e coltivare la semplicità, in un mondo che educa invece all’intellettualismo. La semplicità non va intesa come sinonimo di banalità. Una persona semplice è quella che riesce a cogliere l’elementarità delle cose, cioè gli elementi che le costituiscono permettendone una visione obiettiva. Sembra che  le nuove generazioni stiano crescendo con un’ attitudine intellettuale, che è da ritenersi l’opposto della semplicità.

L’intellettualismo è  una delle difese psicologiche molto utilizzate nella contemporaneità, soprattutto sui social e in televisione. Parlare continuamente senza arrivare al cuore del problema, senza centrare il discorso è ormai di uso comune.

Spesso si è portati a difendersi sia da immagini cruente sia da quelle che evocano tenerezza e bellezza. Questo accade perché talune immagini potrebbero suscitare nell’individuo un senso di caducità o di invidia e non permettono di cogliere il bello.Non ci si difende solo da scene disturbanti, c’è qualcosa infatti nell’individuo che lo spinge a difendersi dall’estrema sofferenza, ma anche dall’estrema bellezza. Siamo abituati a vivere entro certi schemi e vivere fuori da questi, può turbare, può disgustare, suscitare invidia, paura. Se ci si rendesse conto che non sono gli altri a impedirci il raggiungimento di ciò che  fa stare bene, ma siamo noi stessi a creare delle barriere, probabilmente si riuscirebbe a cogliere la bellezza e la semplicità, e ad essere più liberi.

Per esempio, l’immagine di un anziano signore di 85 anni che prende il sole su una muretto lungo una strada e saluta chiunque passi da lì, può suscitare non solo tenerezza ma anche turbamento e invidia verso il suo godimento, ovvero può sviluppare una reazione difensiva di tipo intellettuale o riuscire ad apprezzare la semplicità del messaggio che quell’immagine vuole comunicare. Durante la pandemia non suscitava molto scalpore se a morire fossero gli anziani nelle case di cura, come se la loro vita avesse meno importanza di quella dei giovani, e questo perché  sembra  ci sia una certa riluttanza ad accettare la vecchiaia, è come se collocassimo i soggetti anziani nella morte e li deprivassimo di qualsiasi diritto di essere felici, di godere, di innamorarsi, come il signore di 85 anni sul muretto.  Questo incasellare gli anziani in una posizione finale, come in attesa della morte è sicuramente dato anche dal nostro assetto culturale. Spesso inoltre accade che, più disapproviamo qualcosa e più la esaltiamo come frutto di una proiezione. Sembra che più forte è la difesa, più forte sia la proiezione. Si proietta all’esterno quello che non si accetta. Tutti abbiamo anche una parte oscura, che non vogliamo vedere e riconoscere, un sadismo interno, e quando veniamo a contatto con queste dimensioni interne,  rimbombano dentro, e perciò tendiamo a criticarle; e più le critichiamo più evidentemente sono vicine a noi. Alcuni ad esempio, che esaltano eccessivamente le qualità degli omosessuali, potrebbero in verità nascondere un forte odio verso di loro. E viceversa. Certe immagini di violenza garantiscono un’eccitazione insana. Si proietta dunque, il proprio sadismo attraverso la critica. I bambini ad esempio, sono spesso descritti come figure angeliche anche se in realtà, esattamente come gli adulti, hanno anche componenti distruttive (Il bambino attacca il seno). La distruttività appartiene all’individuo, solo che poi viene mitigata, civilizzata dall’uomo. L’uomo è dunque complesso e dotato di molteplici sé.

 Ma non è uno spreco di energia esorcizzare la realtà invece di prenderne atto e accettarla? Sicuramente è più difficile di quello che sembra e alcune volte è troppo pesante accettare la precipuità dell’individuo e della realtà stessa. La realtà odierna, infatti, ci sottopone a troppi stimoli, ci sono delle condizioni esterne, culturali, ambientali che in un certo senso minano l’integrità dell’individuo, e questi continui stimoli creano dei bisogni, la società crea dei bisogni, che sovraccaricano. Ad esempio pensiamo al momento di emergenza pandemica che stiamo vivendo. Se per via delle restrinzioni non riusciamo a soddisfare alcuni di questi bisogni, se essi vengono a mancare, determinano un malessere, una frustrazione, e la conseguenza sono le accuse contro chi ci “priva” di soddisfare questi bisogni.

Da un punto di vista psicologico la nostra libido non può rimanere sciolta, ma deve essere indirizzata verso qualcosa, alle volte molto creativamente come accade ad artisti, pittori, poeti; ma altre volte viene incalanata in cose di poca importanza, che tuttavia assumono per l’individuo un’importanza maggiore. Basti pensare al calcio, che pur essendo semplicemente uno sport funge da forte sedativo ed antidepressivo.

Valeria Rizzo (tirocinante post-lauream)

Elena Morgante (tirocinante post-lauream)

Arianna Pappalardo (tirocinante L-24)

Federica Arena (tirocinante LM-51)

Alessia Bruccini (tirocinante L-24)

Chiara Cardile (tirocinante L-24)

Silvia Messina (tirocinante L-24)

Miriam Ivana Frisone (tirocinante L-24)